Fakarawa è un atollo nelle Tuamotu, dove sono censite 800 persone. Noi abbiamo incrociato a stento 50 cristiani, non di più. La proprietaria del market gestisce il ristorante, il signore che affitta le biciclette fa lo scaricatore in aeroporto, l’hostess di terra fa la cameriera (ci sono 6 atterraggi a settimana). Era come ritrovare volti amici conosciuti in un universo parallelo. Le altre 750 persone vivono certamente nell’altra realtà.
Tutti, e dico tutti, ti salutano per strada, come se fosse un condominio di amici o parenti. La gente è molto disponibile e sorridente. Vivono (quasi) tutti modestamente, ma trasmettono una pace e serenità che non so spiegare.
La città “vera” è una ed è Rotoava, poi ci sono casette sparpagliate talvolta raggiungibili solo in barca. Anche la strada è una e quando finisce ci sono palme e basta. La stessa città è fatta di baracchette/casupole. È davvero difficile approvvigionarsi di qualunque cosa, dai generi alimentari ai materiali da costruzione. L’unica cosa che non scarseggia è il pesce, dopo di che puoi pagare una cipolla tre euro. Dico una cipolla perché è l’unico vegetale a disposizione. Dei giovani hanno messo su una specie di orto, ma non basta per tutti.
Le attrazioni dell’isola sono due essenzialmente: il “south pass” e la “blue lagoon”, anche se ogni singolo metro di costa è da lasciarti senza fiato.
Un bagno in un posto «qualunque» andando al «supermercato»
Abbiamo dormito in uno dei boungalow di Olivia, praticamente un materasso sotto un tetto incandescente di lamiera, l’unica soluzione abbordabile sull’atollo. Aveva il pavimento di coralli (sottratti dalla battigia) e una notte un corallo si è mosso: era un paguro.
Lo stretto a sud
È il posto più mozzafiato che abbiamo visto fino ad ora, per mille ragioni. 847 di queste ragioni sono squali, a pinna nera, bianca e tutti grigi. I primi sembrano dei pescioni (pinna bianca e nera) ma ogni tanto ti incroci con quelli grigi che sembrano quello che sono: pescioni con denti aguzzi.
Ecco un video piuttosto comico in cui Cristina “cuor di leone” (me medesima) va a cercarsela e un pinna bianca le si avvicina di soppiatto, pare siano molto curiosi.
Proprio sullo stretto, in una baia incredibile, sorge un mini-villaggio, Tetamanu, abitato da 15 persone: pescatori e famiglie.
A causa delle correnti si forma il tipico “wall”: i coralli rivestono i fondali delle acque basse e all’improvviso cadono a picco nel blu, tappezzando il tutto come carta da parati a macchie bianche, marroni e viola. I pesci adorano le correnti e quindi è ultra popolato da banchi di pesci tropicali colorati. Il pesce “Napoleone”, che tanto ci era costato incrociare in Australia, qui abbonda in esemplari adulti che si fanno avvicinare. Curioso riscontrare che il Napoleone spaventi gli squali!
Siamo venuti con una escursione privata per mancanza di alternative possibili, è bassa stagione, ma la spesa è valsa l’impresa. Eravamo soli insieme a un paio di pescatori che andavano in apnea a beccare i pesci nelle grotte.
È stato bellissimo vedere come si immergessero con le fiocine e dovessero abbracciarsi al pesce appena pescato perché altrimenti gli squali glielo avrebbero sottratto. Gli squali gli nuotavano intorno fino a quando non lasciavano il pesce al sicuro in barca. In una occasione hanno dovuto sparare ad uno squaletto che si stava buttando al petto del pescatore per prendere il pesce. La fiocina è rimbalzata sulla sua pellaccia.
Si avvicinano senza timore, anche nell’acqua bassissima.
Antonio ha visto una scena stupenda di uno squalo saltare fuori dall’acqua e fare un tuffo carpiato, come un delfino. Anche gli squali giocano, almeno quelli di barriera.
Ti consiglio di dare uno sguardo, anche di passata, ai video per avere una idea di come fossero il posto e la vita marina.
Dopo un bel barbecue siamo andati alla spiaggia dalla sabbia rosa, avete presente la pubblicità della gnoccolona della crema bilboa degli anni ’80? Beh tale e quale, se non meglio. La sabbia non era rosa però. Poi la guida ci ha anche dato i pesci che aveva pescato! Eravamo sognanti. La giornata più bella del viaggio.
Nei giorni successivi poche attività stravaganti, solo pranzi sul mare, incontri ravvicinati del terzo tipo con gli squali e una bella passeggiata in bici di 24 km per vedere il passo nord.
Blue lagoon
L’ultima escursione è stata alla blue lagoon, una laguna nella laguna. Che te lo dico a fare…stupenda. Abbiamo fatto un pit stop in una spiaggia molto speciale perché la guida potesse raccogliere qualche cocco (!!!!).
Centinaia di metri di sabbia bianca con l’acqua alle caviglie e insenature turchesi. Qui abbiamo visto una tartaruga ed una manta leopardo.
MOOREA
Il viaggio ha assunto le caratteristiche del tipico “viaggio della speranza”, mai come in Thailandia in ogni caso. Sull’isola il trasporto pubblico è assicurato da due (2) autobus. Uno circola in senso orario e l’altro in senso antiorario, senza fermate prestabilite o tempi previsti di arrivo. Prendere il bus diventa una specie di questione di fede.
L’isola è vulcanica, ricoperta di selva e circondata da coralli. La barriera è parecchio lontana dalla battigia e si crea una sorta di piscina corallina fino quasi a ridosso dell’ondoso e scuro Pacifico. I paesaggi sono completamente diversi da quelli degli atolli, guardate queste foto viste dall’acqua:
L’highlight di Moorea è stata la gita in canoa. Abbiamo mangiato su un motu (isolotto) a bordo spiaggia con le razze che nuotavano sotto i nostri piedi. Poi abbiamo nuotato con loro.