Días 105-112: Fakarawa e Moorea

Fakarawa è un atollo nelle Tuamotu, dove sono censite 800 persone. Noi abbiamo incrociato a stento 50 cristiani, non di più. La proprietaria del market gestisce il ristorante, il signore che affitta le biciclette fa lo scaricatore in aeroporto, l’hostess di terra fa la cameriera (ci sono 6 atterraggi a settimana). Era come ritrovare volti amici conosciuti in un universo parallelo. Le altre 750 persone vivono certamente nell’altra realtà.

Tutti, e dico tutti, ti salutano per strada, come se fosse un condominio di amici o parenti. La gente è molto disponibile e sorridente. Vivono (quasi) tutti modestamente, ma trasmettono una pace e serenità che non so spiegare.

La città “vera” è una ed è Rotoava, poi ci sono casette sparpagliate talvolta raggiungibili solo in barca. Anche la strada è una e quando finisce ci sono palme e basta. La stessa città è fatta di baracchette/casupole. È davvero difficile approvvigionarsi di qualunque cosa, dai generi alimentari ai materiali da costruzione. L’unica cosa che non scarseggia è il pesce, dopo di che puoi pagare una cipolla tre euro. Dico una cipolla perché è l’unico vegetale a disposizione. Dei giovani hanno messo su una specie di orto, ma non basta per tutti.

Le attrazioni dell’isola sono due essenzialmente: il “south pass” e la “blue lagoon”, anche se ogni singolo metro di costa è da lasciarti senza fiato.

Un bagno in un posto «qualunque» andando al «supermercato»

Abbiamo dormito in uno dei boungalow di Olivia, praticamente un materasso sotto un tetto incandescente di lamiera, l’unica soluzione abbordabile sull’atollo. Aveva il pavimento di coralli (sottratti dalla battigia) e una notte un corallo si è mosso: era un paguro.

Lo stretto a sud

È il posto più mozzafiato che abbiamo visto fino ad ora, per mille ragioni. 847 di queste ragioni sono squali, a pinna nera, bianca e tutti grigi. I primi sembrano dei pescioni (pinna bianca e nera) ma ogni tanto ti incroci con quelli grigi che sembrano quello che sono: pescioni con denti aguzzi.

Ecco un video piuttosto comico in cui Cristina “cuor di leone” (me medesima) va a cercarsela e un pinna bianca le si avvicina di soppiatto, pare siano molto curiosi.

 

Proprio sullo stretto, in una baia incredibile, sorge un mini-villaggio, Tetamanu, abitato da 15 persone: pescatori e famiglie.

A causa delle correnti si forma il tipico “wall”: i coralli rivestono i fondali delle acque basse e all’improvviso cadono a picco nel blu, tappezzando il tutto come carta da parati a macchie bianche, marroni e viola. I pesci adorano le correnti e quindi è ultra popolato da banchi di pesci tropicali colorati. Il pesce “Napoleone”, che tanto ci era costato incrociare in Australia, qui abbonda in esemplari adulti che si fanno avvicinare. Curioso riscontrare che il Napoleone spaventi gli squali!

Siamo venuti con una escursione privata per mancanza di alternative possibili, è bassa stagione, ma la spesa è valsa l’impresa. Eravamo soli insieme a un paio di pescatori che andavano in apnea a beccare i pesci nelle grotte.

È stato bellissimo vedere come si immergessero con le fiocine e dovessero abbracciarsi al pesce appena pescato perché altrimenti gli squali glielo avrebbero sottratto. Gli squali gli nuotavano intorno fino a quando non lasciavano il pesce al sicuro in barca. In una occasione hanno dovuto sparare ad uno squaletto che si stava buttando al petto del pescatore per prendere il pesce. La fiocina è rimbalzata sulla sua pellaccia.

Si avvicinano senza timore, anche nell’acqua bassissima.

 Antonio ha visto una scena stupenda di uno squalo saltare fuori dall’acqua e fare un tuffo carpiato, come un delfino. Anche gli squali giocano, almeno quelli di barriera. 

Ti consiglio di dare uno sguardo, anche di passata, ai video per avere una idea di come fossero il posto e la vita marina.

Dopo un bel barbecue siamo andati alla spiaggia dalla sabbia rosa, avete presente la pubblicità della gnoccolona della crema bilboa degli anni ’80? Beh tale e quale, se non meglio. La sabbia non era rosa però. Poi la guida ci ha anche dato i pesci che aveva pescato! Eravamo sognanti. La giornata più bella del viaggio.

Nei giorni successivi poche attività stravaganti, solo pranzi sul mare, incontri ravvicinati del terzo tipo con gli squali e una bella passeggiata in bici di 24 km per vedere il passo nord.

Blue lagoon

L’ultima escursione è stata alla blue lagoon, una laguna nella laguna. Che te lo dico a fare…stupenda. Abbiamo fatto un pit stop in una spiaggia molto speciale perché la guida potesse raccogliere qualche cocco (!!!!).

Centinaia di metri di sabbia bianca con l’acqua alle caviglie e insenature turchesi. Qui abbiamo visto una tartaruga ed una manta leopardo.

MOOREA

Il viaggio ha assunto le caratteristiche del tipico “viaggio della speranza”, mai come in Thailandia in ogni caso. Sull’isola il trasporto pubblico è assicurato da due (2) autobus. Uno circola in senso orario e l’altro in senso antiorario, senza fermate prestabilite o tempi previsti di arrivo. Prendere il bus diventa una specie di questione di fede.

L’isola è vulcanica, ricoperta di selva e circondata da coralli. La barriera è parecchio lontana dalla battigia e si crea una sorta di piscina corallina fino quasi a ridosso dell’ondoso e scuro Pacifico. I paesaggi sono completamente diversi da quelli degli atolli, guardate queste foto viste dall’acqua:

L’highlight di Moorea è stata la gita in canoa. Abbiamo mangiato su un motu (isolotto) a bordo spiaggia con le razze che nuotavano sotto i nostri piedi. Poi abbiamo nuotato con loro.

Días 100-104: Polinesia, Rangiroa

Hemos viajado al pasado, dando una vuelta de -35 horas a un imaginario reloj. Estamos en Polinesia!

Me doy cuenta que no pasa ninguna anécdota divertida/gañanesca desde hace tiempo y la lectura se hace intensita. Puedo decirte, a cambio, que Polinesia está petada de tiburones y que estamos bañándonos a diario con ellos, viendo sus momentazos de caza (en grupo y en solitario) y la verdad es que es fascinante. Atacan a los flancos del banco de peces, se dirigen a los ejemplares que se quedan alejados y no a la multitud. Los peces más pequeños han venido a refugiarse a la sombra de nuestros cuerpos! Listillos.

 

Ahora que he cautivado tu atención, te puedo contar que la Polinesia está formada por 118 entre islas y atolones organizadas en cinco achipielagos, preciosos todos, pero muy distintos entre si: Sociedad, Marquesas, Tuamotu, Gambier y Australes.

Estamos en el archipielago de Tuamotu: formado por 76 atolones, famosos por su flora y fauna marina, paraíso de los buceadores y snorkeleadores. Destrozados por un huracán en 2010, son los más hostiles para la vida del hombre: el único agua que tienen es la de la lluvia, y están muy sujetos a inundaciones y otros problemas ligados a las mareas.

Esta vez nos pasamos con esto de hacer las cosas en el último minuto y reservamos 3 días antes de llegar, un poco de agobillo había entrado.

La avioneta, de élice, que viaja entre islas es lo más parecido a un autobús volante que te puedas imaginar.

En primer lugar, los isleños se llevan cajas y cajas de cartón y neveras, cerradas con celo, al avión. Parecen los paquetes de las madres a los estudiantes que viven fuera del pueblo (il pacco da giù). 

En segundo lugar, hace paradas para dejar y coger pasajeros (rollo Alsa/Marozzi).

En tercer lugar los aeropuertos son básicamente grandes cabañas. A las llegadas la gente que espera se mezcla a la que llega, nada de aduanas o seguridad (rollo estación). En cuarto lugar, la recogida de equipaje: la cinta transportadora es un banco de alumínio (rollo pescadería) con un señor que pone las maletas encima.

Incluso aquí, donde te imaginas que todo esté al alcance sólo de Amancio Ortega y sus amigos, hay soluciones mochileras muy dignas, que te permiten disfrutar de todo lo bueno, prescindiendo del lujo. Airbnb es el futuro, pocas historias. Incluso compartimos la playa con unas de esas cabañas, pagando cinco veces menos.

Ahora estamos en Rangiroa, el tercer atolón mas grande al mundo. Estamos a 20 mt del océano y 100 de la laguna, nos dormimos con el fragor de las olas en la playa. El pacífico no bromea, las olas son bien altas, y lo son a todas horas. Nos hemos bañado sólo en la laguna, que en todo caso es un pequeño mar, con el ruído del Pacífico al otro lado de las palmeras.

En el interior de la laguna el huracán ha hecho menos daño que en el mar abierto, aún así las playas están hechas de corales rotos y bien grandes. Aunque se nota el daño causado al fondo marino, sigue habiendo tropecientosmil peces.

Hemos dado una vuelta en kayak y con toda la crema SPF 50 nos hemos achicharrado. Había bancos de millares de peces unicornio (naso brevirostis) nadando en la superficie del agua, hacían hasta ruído. Me he tirado al agua y…claro, por algo estaban allí los unicornios…tiburones!!!! Son los de barrera, llegan apenas a los dos metros, pero no te escondo que la primera vez me he acojonado, no me lo esperaba. Me he hecho rápidamente a la idea y hemos ido en busca de más ejemplares, verles cazar es de película.

El día siguiente teníamos una excursión, anulada por la lluvia. Esto no ha impedido que fuéramos con Moru, una especie de guía improvisado grandote y bonachón, a un islote que ellos llaman acuarium, y con razón. Está en el medio de un  “hoa”, un pasaje entre laguna y mar abierto y los peces a-do-ran las corrientes.

Hemos ido con una canoa típica de tres plazas, la “va’a”. Era una pluma en el agua. La mierda de kayak de plástico del día anterior era un mal recuerdo.

VA’A: LA CANOA TÍPICA POLINESIA

Por la tarde hemos ido a dar un paseo por la playa de corales. He estado a punto de llevarme algún trofeo, pero eso de la ética me ha podido, mierda de ética!

Ahora escribo desde el porche, junto a un par de perretes y una gata que hemos adoptado, se parece a Lisca (nuestro gato) pero desaturado en photoshop. Se come de todo la jodia, hasta el pan duro. Le hemos comprado latas de comida.

Mañana Fakarava, esperando que el tiempo nos respete!

Días 96-99: mt. Cook e Christchurch

Si conclude una tappa straordinaria di questo mese in NZ e di questo viaggio in generale.

Comincerò con lo shock termico che abbiamo subito da un giorno al seguente: vestiti di lana e impermeabile (zuppi fino alle braghe) vs maglietta e pantaloni (schiattando di caldo).

Il giorno della lana abbiamo vissuto un’esperienza pazzesca. Già a Madrid avevamo iniziato ad interessarci al cielo, inteso come stelle e non come paradiso. Questa volta siamo stati nella riserva di “cielo scuro” più grande dell’emisfero australe, nell’osservatorio astronomico “Dark Sky Project”. Chi avrebbe mai pensato che dopo tutta quella pioggia il cielo si sarebbe potuto liberare così.

La Nuova Zelanda è poco popolata, non c’è da stupirsi che abbiano grandi aree di cielo “scuro”, in qualunque caso, qui si adoperano una serie di accortezze “speciali” per preservare queste condizioni ideali, che includono anche la cooperazione dei cittadini. Addirittura gli abitanti del mini paesello, illuminato tutto con luci speciali, hanno la premura di chiudere le tende delle loro case per favorire la visibilità ottimale dall’osservatorio astronomico.

Si viaggia in un autobus che sale a luci spente lungo il crinale di una montagnetta, tutto l’abitacolo è illuminato con luci rosse che non disturbano la visone notturna. Ti danno in dotazione dei giubbotti di seconda mano comprati dalle missioni in antartico! Fa un cazzo di freddo sulla cima!

Scesi dall’autobus la cima era illuminata come quando c’è la luna piena…ma con luna nuova (ovvero senza luna). Tutto la luce veniva data dalla via lattea che solcava il cielo come una strada polverosa. Indescrivibile, non esagero, giuro. In quell’ora e mezza ho visto almeno una decina di stelle cadenti ed espresso altrettanti desideri, qualcuno per me, qualcuno per altri.

Se dovesse funzionare inizierò a farmi fare i tarocchi dalle maghe, leggere la mano, i fondi di caffè e soffiare sulle candeline esprimendo desideri (questo gia lo faccio).

Si vedevano due nebulose galattiche ad occhio nudo! Sembravano nuvole, appunto, poi ci hanno spiegato cosa fossero. Abbiamo imparato a riconoscere la croce del sud , visto cose di cui non capivamo la rilevanza (come per esempio gruppi di stelle a mille mila “x” anni luce di distanza, pensa all’ing. Cane mentre leggi)  e qualche costellazione, che erano “a capa sotto” perché le costellazioni le inventarono i greci e qui siamo, letteralmente, dall’altro lato del mondo. Strabello.

Questa zona è molto speciale da un punto di vista geomorfologico e si nota anche nelle piccole cose. Queste montagne le vedemmo quando, due settimane fa, visitammo i ghiacciai Fox e Franz Josef, però dal lato ovest. Adesso siamo nella regione (est) ai piedi del monte Cook, il più alto della N.Z. con 3.724 s.l.m. Ai piedi di questi giganti ci sono delle estese pianure che furono, milioni di anni fa, scavate dai ghiacciai, prima, e riempite dai sedimenti, poi. È curioso poter passeggiare fino ai ghiacciai con una maglietta leggera, guardando le nevi perenni e le valanghe, camminando in mezzo all’erba alta  color oro, cresciuta durante l’estate.

Nella pianura, di cui sopra, ci sono dei laghi celesti che sembrano fatti di pastelli a cera fusi (Pukaki e Tekapo). I ghiacciai triturano le rocce argillose che incontrano lungo il loro cammino e le polveri rimangono in sospensione causando una rifrazione dei raggi solari particolarissima. A seconda dell’orario del giorno e delle nuvole cambia drasticamente il colore. 

 

Adesso siamo a Christchurch, distrutta nel 2011 da un terremoto, ancora in fase di ri-costruzione. Piacevole, familiare, con murales e un giardino botanico bellissimo. Una città contemporanea ma a misura umana. Abbiamo dovuto lasciare Giosefina (la albahaca sbirulina), che dopo un mese di onorato servizio troverà (spero) miglior vita nel giardino dei signori che ci ospitano dell’airbnb.

Curiositá Neozelandesi:

  • Amano i macchinoni 4×4 ma anche le macchine old fashion e d’epoca

  • Vanno a piedi scalzi OVUNQUE: sentieri pietrosi e supermercati, parchi e marciapiedi.
  • Coltivano i kiwi in zone perimetrate da mura di alberi.

  • Non troverai facilmente piatti a base di pesce/crostacei, solo fish and chips (magari cozze verdi in qualche località)
  • Non troverai formaggi di qualità nazionali, nonostante ci siano 6 pecore per ogni persona. In N.Z. vivono solo 5 milioni di persone, 1,5 nell’ isola sud ma le pecore sono ovunque e il loro latte viene venduto ai giapponesi.

  • Le strade principali sono di 2 corsie e 2 sensi di marcia. Se lasci passare chi è dietro di te, ti ringrazierà accendendo le 4 frecce.
  • I maori è vero che hanno i tatuaggi in faccia, non solo quelli dei documentari.
  • All’aria aperta c’è quasi sempre profumo di fiori (soggettivo ma vero).
  • Ci sono selve pluviali di tipo tropicale mescolate alle pinete.
  • Per entrare in alcuni parchi devi lavarti le scarpe per non contaminare.
  • Puoi avere 4 stagioni in un solo giorno.
  • Troverai il cielo più scuro di tutto l’emisfero australe

 

E molto altro ancora…

Días 91-95: The Catlins, Dunedine Y el adiós a Fiordland

Pocas anécdotas cómicas y muchos animalillos salvajes en esta entrada.

Puesto que la parte más molona de los fiordos estaba inaccessible, a causa de desprendimientos y carreteras arrasadas por las lluvias de la semana pasada, decidimos “atacarlos” desde la retraguardia. Hicimos un par de caminatas y una salida en coche bastante provechosas.

Ya no hay selva tropical y el bosque es mucho mas relajante para la mirada. Alfombras de musgo lo cubren todo y hay árboles altos y esveltos de una sola especie. Hemos visto por fin como pinta un hut, un refugio de montaña, para los que hacen las caminatas de 2+ días. Tiene su fascinación: olor a leña,  telarañas y todo bastante pintoresco

En la subida con el coche (decorada, cada 10 minutos, por un comentario por parte de Anto sobre la animal potencia de su coche) llegamos hasta un fiordo.

Vimos las nubes desde arriba, desde dentro y desde abajo.

Llegados al fiordo nos han asaltado las sandfly. Son insectos muy pequeños que chupan la sangre de hombres y animales, rollo mosquitos. Antonio se ha refugiado en el habitaculo del coche y ha empezado a echar litros de repelente modo loco. Nube tóxica. Me lo ha echado hasta en los hojos y encima de Giosefina, la planta de albahaca que llevamos como mascota desde hace una semana.

De fiordland hemos ido diréctos a los Catlins, en la costa sur. Paisaje de colinas hasta donde alcanza la vista con praderas verdes y amarillas. Aquí hemos visto la más alta dendidad de ovejas jamás conocida. También hay vacas, venados y… llamas!

Las colinas acaban abrúptamente en acantilados o en bahías enormes. La fauna marina es impresionante.

En un solo día hemos visto albatros, leones marinos, focas, pinguinos y delfines. En la “Curio bay” hay un grupo de delfines residentes que se acercan a jugar con las olas, puedes hasta nadar con ellos. Se pueden ver grupos de tres o cuatro surfeando la espuma, casi en la orilla. Son delfines autóctonos, raza Hectors, sólo están en estos mares y son los más pequeños del mundo (y atrevidos y juguetones).

Otra cosa brutal ha sido el bosque petrificado. En las fotos es una mierda pero en directo es brutal. Hace 170 millones de años hubo una serie de erupciones volcánicas con las consecuentes inundaciones de agua, barro y cenizas que llegaron hasta la costa, dónde había un bosque tropical.

El silicio presente en el barro comenzó a impregnar la madera y muy rápidamente la convirtió en piedra. Se pueden apreciar las texturas de la madera, los tocones, los troncos tumbados y en algunos lugares también las hojas y helechos. Esta maravilla se extiende a lo largo de 25 km de la costa!

Es brutal asomarse a un acantilado y ver las focas criando y los leones marinos esplayados, retozando en la arena, a lo mejor mientras un albatros de dos metros vuela encima de tu cabeza.

Hemos llegado al punto más al sur de la isla sur. Es un poco una “turistada”, por el sentido que puede cobrar esto en NZ, pero ha suscitado mucho interés y estupor en mi familia. Esta razón me induce a incluirlo en el “cuento del día”.

 

 

 

Días 87-90: mt Edward e laghi d’altura

Esere andati alle Blue pools e non avere fatto il bagno la scorsa volta è stato come “guardare ma non toccare”.

E proprio per toccare con mano l’acqua del disgelo siamo tornati! Stiamo parlando di 6-10 °C.

Alla seconda signora over 60 che si faceva il bagno mi sono decisa anche io. Una bella nuotatina rinfrescante, la cassa toracica stretta in una morsa e le gambe senza sensibilità per qualche minuto.

Ne è assolutamente valsa la pena, niente ipotermia, prova superata.

Unico inconveniente: sciami e sciami di sandfly, mosche della sabbia, ci hanno letteralmente divorato le gambe. Pieni di ponfi e con gli arti intorpiditi dal freddo siamo tornati verso casa, con l’immagine dell’acqua azzurra negli occhi.

 

I panorami che abbiamo ammirato sulla strada del ritorno sono stati, come sempre, mozzafiato. Questo è il lago Hawea, vicino Wanaka.

Inconveniente per i prossimi giorni: tutta la regione del Fiordland (sud ovest) è irraggiungibile a causa delle frane e inondazioni che hanno interessato le principali (e uniche) strade la settimana scorsa. I turisti presenti in quelle zone sono stati evacuati in elicottero!

I posti più affascinanti di tutta la Nuova Zelanda sono lì a un tiro di schioppo, ma non potremo andarci.

In cambio abbiamo fatto un giro da “quest’altro lato” dei fiordi, alle pendici del Mount Edward e il panorama non è affatto male. Abbiamo attraversato qualche ruscelletto con la macchina. Anto non si stanca di dire che dobbiamo comprarci una macchina 4×4 come questa.

Scusami per le tante foto alle mucche, sono una ragazza di città.

 

Il giorno dopo abbiamo fatto due percorsi stupendi. Il primo è sulle “Remarkables mountains”  per andare a vedere il «lake Alta”. Giuro che si chiamano. Il lago si raggiunge da quelle che in inverno sono piste da sci, devono essere tra le più belle dell’universo.

La Nuova Zelanda non mi sta piacendo per niente.

Tutto il crinale è attraversato da ruscelletti, è tutto pieno di muschio e licheni e i chiaroscuri delle montagne sono bestiali. Il lago è piccolino e cristallino. Qui faceva fresco per fare il bagno anche se qualche temerario c’è stato, essenzialmente bambini e cani.

Dopo il panino vista lago abbiamo tentato una mini scalata, quando ho iniziato ad andare a 4 zampe Antonio ha capito che fosse sufficiente per me.

L’ultima tappa del giorno è stato un piccolo trekking sul lago Wakatipu, di origine glaciale e lungo 80 km, ha una caratteristica forma a “S” e ti sembra di poter baciare l’altra sponda.

 

L’ultimo giorno a Queenstown è stato il giorno del riposo. Abbiamo fatto nottate su nottate e oggi siamo rimasti a casa. Abbiamo trovato tutti gli ingredienti necessari per stare bene.

Trattandosi del novantesimo (90!!!!) giorno di viaggio non avremmo potuto non fare una goliardata perché la giornata di oggi rimanesse impressa nella memoria:

Días 84-86: Glaciares y cascadas

Estamos en la west coast, un viaje en coche bien largo que hemos decidido afrontar con mucha calma. Nos paramos literalmente en cada mirador en el camino. Para recorrer trayecto de 3,5 horas hemos tardado 8. Pero es que las vistas son brutales y lo son siempre.

Fuímos a ver los glaciares (Franz Josef y Fox) y fue un poco triste. Hay unos graficos que enseñan cuánto se ha retirado el hielo a lo largo del último siglo, y la verdad es que Antonio ha acertado diciendo que parece ver la lenta e inexorable muerte de un dinosaurio. Luego también se ha sacado de la manga muchas cosas cínicas para remediar la corazonada, entre las cuales ”como dijo George Harrison, all things must pass”. Así es viajar con un ingeniero empedernido.

El paseo se queda muy lejos de los glaciares, un par de km. Una experiencia muy distinta a la que tuvimos en Islandia en un glaciar impronunciable (Sólheimajökulll dice google) adonde nos mandaron nuestros superamigos. Vamos… ahora nos hacemos los pijos.

Lo curioso es que la antesala de los glaciares es un bosque tropical con palmeras, epífitas y musgo que lo cubre todo.

La carretera entre el Franz Josef y Wanaka es lo mejor de lo mejor.

Bordea el río Haast que tiene un recorrido super enredado debajo de unas cordilleras estupendas. Hemos podido caminar en el lecho del río, que llega a los 500 m de amplitud, para ir a ver unas cuantas cascadas, en primavera con el deshielo esto tiene que ser brutal.

El punto álgido han sido seguramente las blue pools, una foto vale mas que 1.000 palabras.

Mientras seguimos caminando. Cada vez que podemos emprendemos un «track» e intentamos batir los tiempos marcados en el panel de la entrada, rollo desafío. Naturalmente esto lo ha iniciado Antonio, que además que prudente es competitivo, incluso con los carteles informativos.

Buenas noches desde nuestra casita de hoy en Wanaka:

Días 79-83: il passaggio a sud ovest

Questi ultimi giorni sono segnati da aneddoti più che da grandi racconti.

L’aneddoto cruciale è che abbiamo perso il traghetto per l’isola sud. Non l’abbiamo perso per modo di dire, per qualche minuto di ritardo, l’abbiamo perso per davvero. Intorno a questo episodio gravita tutto il resto.

Una sera, prima di andare a dormire, Antonio ha detto: “il traghetto eri IERI”. Faccia stravolta, UN UOMO DISTRUTTO. Non poteva, e non può ancora, credere che sia successo a LUI!

‘Sti traghetti bisogna prenotarli con lauto anticipo, dicono, quindi oltre al danno economico ingente si è aggiunta la preoccupazione riguardo al tempo che avremmo perso per visitare l’isola sud, più grande e più selvaggia di quella nord, e quindi più interessante per noi.

Bene… io mi sono tagliata una falange, ho perso un aereo, sono rimasta intrappolata in un treno direzione Roma mentre aiutavo mia sorella a caricare figli e bagagli, sono andata all’aeroporto un giorno prima del mio volo, ho saltato infinite volte la mia fermata… per me questo traghetto è un granello di sabbia che sia aggiunge al mio giardino zen; ma Antonio non ha MAI fatto nulla del genere, l’ha solo sperimentato di forma riflessa a causa della mia prossimità! Mi scompiscio tutte le volte che vedo la sua espressione quando glielo ricordo! E non sono poche.

A quanto pare ci stiamo davvero ibridando, io antonizzando e lui cristinizzando.

Da questo aneddoto “madre” scaturisce un altro aneddoto: un bellissimo trekking. Ad oggi le nostre principali attività neozelandesi sono 1) le camminate e 2) le foto per zia A. delle ubicazioni del set del signore degli anelli (ci abbiamo preso gusto).

200 piani di scale e 13.000 passi non sono la novità infatti. La novità è che ci siamo sviati dal sentiero principale, tratti in inganno da un ponte sospeso. Quest’altra cosa è stata anch’essa a detrimento dell’autostima di Antonio, e a detrimento del mio fiato.

La salita è stata eterna, su un terreno scosceso e sterrato (da sputare sangue…di nuovo) ma con una bellissima vista panoramica. Si possono ancora vedere le palme e i pini (e altri misteriosi alberi senza nome) tutti nello stesso bosco.

Tornando alla traversata Nord Sud: a mali estremi, estremi rimedi. Abbiamo sganciato i soldi necessari e siamo partiti.

Attraversare lo stretto di Cook può essere un’avventura in se. Il viaggio di regola dura tre ore ma spesso e volentieri arriva a durare 8-10 e anche 13 a causa delle condizioni metereologiche. ‘Stavolta siamo stati graziati, sorprendentemente.

TI ASPETTAVI LA SFIGA NERA, E INVECE NO!

La seconda parte del percorso in traghetto  per raggiungere Picton è tra le isole di un arcipelago in cui si sfrangia la costa. Sembra un tessuto tagliuzzato da una sarta impazzita.

Fatto sta che messo piede sull’isola sud è sembrato di essere atterrati in un altro continente. Ci siamo armati di felpone, calzettoni di lana, piumini e impermeabili. Dal sole e i 27 gradi ai 10 gradi con vento e pioggia.

La meta: Kaikoura, la città per eccellenza in Nuova Zelanda per l’avvistamento delle balene. Abbiamo deciso di stringere la cinghia e abbiamo dormito in un ostello e condiviso la camera con quattro uomini puzzolenti e russanti.

Io, promotrice di questa scelta economica, ho dormito tipo Tutankhamon in quelle specie di lenzuola, con una maglietta usata come federa della federa. La maglietta l’ho dimenticata lì. Altro granello di sabbia per il giardino zen.

Alla gita in barca, alle 6.45, di mattina corrisponde il terzo aneddoto che in se racchiude due sotto-capitoli: quello che abbiamo visto(1) e quello che ha provato Antonio(2).

Ciò che compone l’1 sono le decine e decine di delfini acrobati, sono più piccoli di quelli dei nostri mari, più scuri e con la pancia bianca. La femmina è più tranquilla ma i maschi fanno dei salti pazzeschi per conquistarla. Però gli albatros mi hanno colpita ancora di più: 3.40 METRI di apertura alare, possono volare fino a 950 KM IN UN SOLO GIORNO alla ricerca di cibo! Erano cosííí vicini, sembrava di poterli toccare. Planano leggerissimi sulla superficie dell’acqua, sembrano essere legati ad un filo.

Mentre guardavo una di queste meraviglie della natura vedo Antonio (2) con una busta in mano e la faccia verde. C’era onda lunga, non come da noi, che nemmeno te ne accorgi, le onde erano dai 2 ai 3 metri, impossibile da apprezzare in foto. Anto, incurante di qualunque altra cosa ha passato l’ora successiva con la faccia in una busta bianca.

La magra consolazione è che in questo mentre non si è vista nessuna balena e per questo ci hanno rimborsato l’80% dell’importo del biglietto.

Da Kaikoura ci siamo spaccati sette ore di macchina facendo la New Zealand coast to coast attraversando il passo di Arthur (Arthur’s pass) nel parco nazionale omonimo. I pascoli erano tutti d’oro, le nevi sciolte e i fiumi tumultuosi ridotti a piccoli canali. È fine estate.

Domani passeggeremo tra i ghiacciai.

Días 74-78: Mordor trekking y parques geotermales

Estos días han sido a la insignia de las actividades geotermales. En la isla norte es atravesada por el famoso cinturón volcánico del sudeste asiático y claro… la tierra humea por todas partes, literalmente.

Pero lo primero es lo primero y para cautivar al lector más perezoso he de contar cuando casi escupo los pulmones trepando una montaña. Foto de la montaña:

Cuando te ponen en las webs que el recorrido “X” es de mediana dificultad y es altamente recomendada una buena forma física, no mienten. Hemos decidido emprender el “Tongariro apline crossing» , un trekking por los montes Tongariro y Ngauruhoe (alias monte Fato, el de Mordor). Éste es el perfíl del recorrido:

Se trata de una ruta en un parque nacional, muy antiguo por cierto (1887), y reconocido también por la UNESCO. El parque incluye muchas tierras sagradas para los maoríes y un grupo de tres volcanes, activos, protagonistas de numerosas leyendas.

Una cosa que acojona es que a mediados de enero la palmó un alemán haciendo el recorrido, este pobre hombre murió de infarto. Hay otros que por las ráfagas de viento en los picos se caen al barranco. Luego, investigas y descubres que la mayoría se atrevieron a hacer el recorrido en condiciones climáticas adversas, pero ésto no lo sabes hasta que lo buscas… cuando terminas! En todo caso vienen a por ti en helicóptero (porque es la única manera de salir de ahí) y esto tiene que molar.

Lo bonito del comienzo ha sido el maorí que nos ha contado algunas leyendas relacionadas con el parque y ha rezado por nosotros, que nunca se sabe.

Yo, que en el agua voy bien, pero en tierra algo menos, he empezado con cierto miedillo y hasta me he llevado pasaporte y cartilla de vacunaciones por si mi salida era en helicóptero…

En cuanto hemos empezado se han disipado los miedos, las primeras dos horas han sido muy agradables, con el amanecer que iluminaba toda aquella maravilla.

Justo cuando me he relajado ha llegado la primera subida: la escalera del diablo o devil’s staircase. Un nombre una garantía. La madre del tren! He estado a punto de escupir los pulmones, pero lo conseguimos, claro, como no. He leído que es como subir las escaleras de un piso de 60 plantas o así (al final del día subimos más de 300).

Después de la subida rompepiernas hay una planicie con un recorrido estupendo, totalmente rectilíneo, en el medio de las erupciones volcánicas mas antiguas. Las vistas son impresionantes.

Inmediatamente después viene la segunda subida. Aquí las ráfagas llegaban a los 65 km/h, pero con ser prudente ha sido suficiente. Lo que ha pasado es que estaba tan empapada que he tenido que ponerme hasta el plumas. Este ha sido el punto más alto que hemos subido, el problema ha sido bajarlo.

Una cuesta resbaladiza de 300 m hecha de arena y grava, lo mejorcito para mí. Afortunadamente, las habilidades que Antonio no tiene en el mar, las tiene en la tierra. Subía y bajaba aquello como un saltamontes. Así que, haciendo una cadena humana (de dos), hemos bajado incólumes. Velocidad pedo, eso si. Hemos visto bastantes resbalones, unas caídas, unos que bajaban de culo y una señora de unos sesenta y tantos (puede que todos) bajando modo rayo superándonos a todos, parecía caminar encima de agua. Estas son las vistas desde arriba a los dos lados.

Y esto subida la cuesta siguiente:

Desde este punto la vegetación empieza a sustituir las rocan negras de los volcanes, pequeños matorrales, esparto y florecillas pequeñas. Lo peor ha pasado, ahora queda solo bajar una leve pendiente durante 10 km. Otra vez panoramas para dejarte boquiabierto.

El tramo final es dentro de un bosque, la calma después de la tempestad.

Es que no se ha acabado AÚN! Quedan los parques geotermales.

Después de un desastroso baño en un riachuelo que estaba hirviendo (lo recomiendan hasta los hoteles), nos hemos ceñido a los parques mas bien clásicos: el Wai O Tapo y el Orakei Korako. Realmente espectaculares y malolientes, como era de esperar.

La actividad geotermal es brutal, pero lo que mas impacta son los colores. La diferencia con Islandia ha sido esencialmente esta, fósforo, magnesio, hierro… confieren cada uno un color a las rocas y a las arcillas. Te entran ganas de tocarlo todo, parecen hechas de porcelana pintada y terciopelo.

El Wai O Tapo es más turístico, pero más colorido también.

El Orakei es un poco mas pequeño, pero al ser muy caro y un poco más apartado de las rutas convencionales, más íntimo también. Y cuando hay menos turistas te sientes como un explorador, y nuestros gorros ayudan bastante.

El último día antes de la subida mortal al Tongariro hemos disfrutado de un pedazo de trekking para ir a ver las cascadas de Huka: Bru-ta-les

Al final puedes gozar de un baño en las aguas calientes, pero no hirvientes, de un riachuelo y pasar a las aguas frescas del río grande, el Waikato y viceversa. Todo muy recomendable para la circulación de las piernas.

Para que no nos faltara andar un poco, hemos ido también a ver las cascadas de Taranaki, las de Gollum comiendo un pescado crudo.

Voy a acabar esto con los gemelos de Ronaldinho.

Y ya que en Nueva zelanda puedes disfrutar de las cuatro estaciones en un solo día, ahora estoy escribiendo con los calcetines encima de los pantalones, manga larga, chaqueta, capucha y abrigo. Naturalmente los calcetines se emparejan con las chanclas, para conseguir un efecto erótico máximo.

Peeero estamos durmiendo aquí, no se si ayuda a lo erótico pero al flow si!

Días 70-73: da Coromandel a Taupo

Prologo: arrivati ad Auckland alle 2.30 di notte dopo 12 ore di viaggio troviamo l’hotel con le porte sprangate e un cartello: “torno subito”. Il mio stato d’animo era a cavallo tra mood 1: cane della carica dei 101 con il naso gelato e mood 2: Arnold Schwarzenegger.

Detto questo, il buongiorno si vede dal mattino e il primo tratto di strada fino alla penisola di Coromandel (“le coronache di Narnia” si girarono qui), è stato bellissimo.

Una cosa assolutamente innovativa per me, che odio la macchina, è godere del viaggio in sé.

La vegetazione è lussureggiante e c’è una curiosa mescolanza di pinete alpine e selva tropicale, questa zona è alla stessa latitudine di Sydney. L’orografia è fantastica ed il paesaggio collinare, che arriva fino alla costa, sfuma velocemente in quello montano. Le colline sono quasi integralmente dedicate alla pastorizia e adesso sono giallo oro (è fine estate), punteggiate di mucche. I principali allevamenti nel nord sono di bovini, nel sud di ovini. Questo post si sta trasformando in una lezione di geografia.

Le strade sono stupende e corrono lungo la costa, letteralmente a tre metri dalla battigia.

Ci siamo infilati nel bosco per andare a vedere i kauri. Si tratta di alberi antichissimi ad alto fusto che esistono solo nell’isola nord della NZ;  possono raggiungere i 23 metri di circonferenza, i 50 di altezza e i 4000 anni di età, tipo sequoia insomma, ma di quì. I kauri sono in pericolo di estinzione e i neozelandesi sanno come difendere il loro patrimonio:

Kauris

Abbiamo dormito a casa di Jeff, un inglese che ha viaggiato per tutto il mondo per poi stabilirsi nella penisola di Coromandel. A parte le incessanti battute sulla mafia (sorridi e annuisci) è stato interessantissimo parlare con lui.

Abbiamo scoperto che, nonostante in NZ ci siano 4 pecore per ogni persona, non si producono formaggi perché vendono tutto (o quasi) il latte ai giapponesi. I giappo glielo comprano al doppio del valore di mercato neozelandese.

Abbiamo scoperto anche che il prezzo di macchine, moto, camper e autobus sia due volte tanto che nel resto del mondo e la maggior parte delle macchine e autobus che si vedono qui provengono dal Giappone (che ha la guida a destra) e sono di seconda mano. Ne abbiamo avuto la prova il giorno dopo su un autobus di linea di inizio secolo con tutte le scritte in giapponese. Jeff aveva anche fatto un mezzo business importando camper dall’Europa per rivenderli al doppio del prezzo. Casa sua era carina, con un bell’orto, ma c’hanno tutti sta cazzo di fissazione della moquette e di farti andare in giro scalzo. Io mi adeguo, per carità, ma questo c’aveva pure due cani. Lo scambio di battute tra Anto e me al dover iniziare a camminare scalza si ripete quotidianamente con la stessa sequenza.

Stiamo facendo il pieno di airbnb perché qui è tutto extra iper caro, oggi per esempio abbiamo pagato 2 birre heineken 15 euro. Nemmeno la tirchieria riuscirà a farmi diventare astemia, mamma!

Oltre alla fissazione per le moquette hanno anche la fissazione per i trekking. Non puoi immaginare quante opzioni ci siano in un km2. Uno di questi trekking portava alla  cathedral cove , una spiaggia stupenda (Narnia). Per fortuna per la seconda spiaggia non c’era da sudare. Questa seconda, Hot Water Beach, aveva la particolarità di avere due sorgenti di acqua termale (a 64 e 60 gradi) sotto la sabbia della battigia. La gente va lì con la pala, giuro, e si scava una buca. A seconda della buona volontà del cavatore si ottengono migliori (terme) o peggiori (crocchetta bollente) risultati. Noi abbiamo solo ficcato un piede sotto la sabbia, ci siamo ustionati e abbiamo deciso che l’impresa non valesse l’impresa. Una buona buca dovrebbe essere di 1.5 metri perché acqua marina e termale mitighino le loro rispettive temperature, non avevamo una pala, ovviamente, né volontà!

Una cosa che non è un’attrazione turistica, ma è stata per me la cosa più emozionante fino ad ora, è stata questa casetta:

Tra boschi e prati, circondata dagli animali della fattoria, con un braciere e due poltrone in vimini. La via lattea più bella che abbia mai visto accompagnata dalla voce delle mie amiche e dalla compagnia di Anto. Perfetto.

Il secondo brivido del viaggio è stato nelle Waitomo caves. I nostri viaggi si misurano in brividi, adesso iniziano ad essercene di meno perché stiamo vedendo tante cose e perché mi sto antonizzando. Queste grotte carsiche, piene di stalattiti e stalagmiti, sono specialissime perché una parte della grotta è abitata da un particolare tipo di insetto. Queste mosche generano delle larve che fino alla schiusa rimangono tali per nove mesi e sono bioluminescenti! Per nutrirsi durante tutto quel tempo producono dei filamenti di una ventina di centimetri nei quali rimangono intrappolati esemplari della loro stessa specie, non è che ci sia tutta sta vita a 25 m di profondità.

Abbiamo intrapreso la discesa verso il lago Taupo, al centro dell’isola nord, e fatto un altro bel trekking in una ex zona miniera, Karangahake Gorge:

Arrivati a Taupo ci siamo sorpresi di vedere il lago… agitato! Ondone e cigni neri.

Di qui inizierà la scoperta della zona centrale dell’isola nord, che ha un’attività geotermale bestiale, fiumi di acque incandescenti e percorsi di trekking molto esigenti. D. aspettati una telefonata presto!

Días 66-69: Greet Barrier Reef

La segunda parte de la semana mas bonita del mundo comienza con el temor reverencial hacia el seasick de Antonio. Su relaciòn con los barcos siempre ha sido de amor (cuando salimos a pescar) y odio (cuando estamos a la mercéd de las olas). Afortunadamente los medicamentos han hecho su labor.

Saliendo desde Cairns, hemos estado tres días en barco navegando por la barrera coralina exterior, al nor-este de Australia. La gran barrera coralina es otro patrimonio UNESCO y la verdad es que se lo ha ganado a pulso. Ya desde el barco es simplemente impresionante. Las manchas azules y verdes que se mezclan y se pierden en el orizonte, las olas que rompen en los corales a 50 km de la costa, los atardeceres, los peces que merodean el barco…

El barco era de unos 25 metros, teníamos una veintena de compañeros de viaje, mas unos cinco de la tripulación. Mis super favoritos: una guatemalteca china que trabaja en Taiwan, una guardabosques canadiense y el monitor de buceo mexicano. Había, como siempre en estas ocasiones, gente de todo tipo: un grupo de húngaros de lo mas peculiar (un mazado, un gordo experimentado buceador y un chiflao que mira a la gente con los ojos fuera de las órbitas), un neozelandés (cuyo superpoder es la hipertimidez), una pareja de sesenta y todos, texana, logorroica, ultraderechista y, obviamente, pro-Trump…

Todo cristo buceaba, excepto nosotros y los ultraderechistas texanos. Teníamos toda las papeletas por ser los raritos del barco. Mis favoritos han ayudado mucho a que así no fuera. Mi inglés poquito a poco mejora aunque el full inmersion “a tiempo completo” se hace duro a veces.

Los ritmos en el barco eran muuuy intensos, tres-cuatro inmersiones diarias precedidas por un breefing en que te enseñaban en una pizarra la estructura del arrecife y los mejores sitios donde ir, remarcando la presencia de grandes formaciones coralinas, àreas-criadero de peces, almejas gigantes, típicas ubicaciones de los tiburones de arrecife o los toros, etc…

A cada inmersión correspondía una comida. Nos han cebado, pero bien. Hemos mantenido alta la bandera Ita-esp y lo hemos comido todo.

Sólo con el el snorker hemos podido ver millares de maravillas, de hecho a veces creo que es bueno mezclar las dos cosas (esnorquel e inmersiones). Quien bucea tiene la oportunidad de ver pausadamente la vida submarina. Quien hace esnorquel tiene la oportunidad de quedarse en las aguas poco profundas y disfrutar del bullicío vital único de esas profudidades. Para mi el esnorquel es una experiencia híbrida porque puedo ir bastante a fondo en apnea, pero es cierto que la serenidad de poder observar algo en las profundidades no la tienes. De todos modo la variedad de corales con sus colores y formas es apabullante. Aquí una muestra:

Ya el primer día los divers pudieron tener una inmersión nocturna. Nosotros, los loosers, estábamos en el puente. Desde nuestra ubicación podíamos ver a los chicos tirarse al agua. Por la noche las luces del barco atraen a los pececitos pequeños, que atraen a los medianos, que atraen a los grandes, que atraen a los tiburones. Ya habíamos visto tiburones dede cerca durante el día, son tiburones de arrecife, no son peligrosos para los humanos pero llegan a los dos metros de longitúd, que no es poco.

Anto y el tiburoncito

Hemos visto unos cinco cazar a los peces atraídos por la luz. Había unos bien grandes y los ataques se parecían a los de un puto documental. Mientras tanto los chicos… pluf, al agua, pluf, al agua sin saber lo que estaba pasando a dos metros de ellos… Hemos pedido al capitan el permiso para entrar al agua. Nos lo concedió solo para el día después.

Al volver los divers estaban flipando,atraídos por la luz de las linternas, los tiburones les nadaban al lado! Decisión tomada: sacar el certificado de buceo.

El día siguiente nos bañamos por la noche esperando tener compañía. La verdad es que la tuvimos, unos dos tiburones, pero se quedaron a los tres metros de profundidad, asustados por nuestros movimientos no se atrevieron a llegar a la superficie. A cambio este animalito que parece sacado de “fantasia” de Disney estaba enamorado de mi linterna.

Mi señor esposo, el que no sabía nadar hasta que me conoció, decidió acompañarme no en uno, si no en DOS buceos! Que maravilla el mar desde abajo, con la luz del sol que se filtra así dramaticamente parece un cuadro de Caravaggio en azúl. Un sueño, y poderlo compartir juntos (perdonad por las caries que os estarán saliendo) me hace vivirlo mucho mas en pleno.

Llegados a la tierra firme hemos podido hidratar nuestros cuerpos con los compañeros del barco en los bares de la ciudad. Siendo yo una empanada, no me había traído mi ID así que tuve que saltar la parte del discotequeo porque la ley en Queensland es mucha ley.

Con esta maravilla se concluye la semana mas bonita del mundo, decorada por todas mis pasiones. A ver si Nueva Zelanda consigue ganar a Australia. Lucha entre titanes.