l Natale fuori casa ha uno strano sapore dolce e amaro. Siamo stati su una spiaggia bellissima con le isole che disegnavano l’orizzonte, ci siamo fatti delle foto con dei cappellini rossi, abbiamo preso il sole e mangiato un piatto di riso sotto un ombrellone di paglia. Il cibo lo preparavano nelle loro case in un paesello a ridosso della spiaggia delle minute signore tutte imbacuccate (per la fobia del sole), il loro non-ristorante si chiama «3 ladies kitchen» e ci tenevano molto a toglierci la sabbia dai lettini con uno spolverino per la polvere.
Sulla spiaggia erano state portate a secco de barche dei pescatori che in questa zona hanno una strana forma a tazza, completamente anti acquatica a mio parere ma che ha delle radici storiche interessantissime (articolo del national geographic, foto bellissime )! Paese che vai, usanze che trovi. Si chiamano “thung chai” o “thuyen thung” rispettivamente «bottiglia» o «casa barca»; sono fatte da intrecci di bambú e vengono ricoperte di bitume e resine per stagnarle, talvolta l’impermeabilizzazione viene fatta con sterco di vacca. Nacquero per eludere le gravose tasse dell’impero coloniale francese alle imbarcazioni da pesca. Spacciate per grandi cesti, sono diventate un simbolo di indipendenza. È bello scoprire queste cose e vedere che la fioritura, o sarebbe meglio dire l’infestazione, dei resort sul mare non abbia ancora cancellato del tutto le tradizioni locali.
Antonio per festeggiare il Natale ha cenato con un’aragosta alla spropositata cifra di 12 euro. Il nostro hotel è nel quartiere del «night market» dove si mescolano venditori di vestiti a quelli che arrostiscono polpi, rane, gamberi, pollo e aragoste fiancheggiati dai venditori di souvenir. Tutto avvolto in una nuvola al sapore di barbecue e crepes al suono «can I help you lady? try, try». Notare la rana impalata in secondo piano nella prima foto.
Hoi An è una città splendida, patrimonio UNESCO, sul delta del fiume Thu Bon. Fu una fiorente città dove convivevano gli interessi commerciali di giapponesi, cinesi e vietnamiti, fin quando non venne soppiantata dalla vicina Danang che i francesi preferirono alla città fluviale. Tutto questo l’ha miracolosamente preservata dalla distruzione dei bombardamenti di guerra prima e dalla ripresa economica poi. Gli isolati sono lunghi e stretti e le case a due spioventi sono passanti: hanno quasi tutte un doppio affaccio e un patio interno. Sono a due piani, in legno, e le facciate sono dipinte tutte di giallo, al primo piano ci sono dei bellissimi balconi con fiori e piante (in Vietnam non mancano mai, nemmeno sulle case zattere). Nella parte bassa
Per come l’abbiamo
Tornando verso l’hotel ci siamo fatti attrarre dal carisma di un artista che faceva piano-bar in un localetto sul fiume e abbiamo passato la sera della vigilia a bere birra e goderci lo spettacolo, fottendocene che non fosse made in Asia. A volte esageriamo co’ sta cosa del «local«. Il bar era proprio a ridosso dei canali, che di sera (tutte le sere), si riempiono di barchette che traccheggiano i
È il momento della pagella