Días 34-38: Hoi An e il nostro primo Natale in spiaggia

l Natale fuori casa ha uno strano sapore dolce e amaro. Siamo stati su una spiaggia bellissima con le isole che disegnavano l’orizzonte, ci siamo fatti delle foto con dei cappellini rossi, abbiamo preso il sole e mangiato un piatto di riso sotto un ombrellone di paglia. Il cibo lo preparavano nelle loro case in un paesello a ridosso della spiaggia delle minute signore tutte imbacuccate (per la fobia del sole), il loro non-ristorante si chiama «3 ladies kitchen» e ci tenevano molto a toglierci la sabbia dai lettini con uno spolverino per la polvere.

Buon Natale!

Sulla spiaggia erano state portate a secco de barche dei pescatori che in questa zona hanno una strana forma a tazza, completamente anti acquatica a mio parere ma che ha delle radici storiche interessantissime (articolo del national geographic, foto bellissime )! Paese che vai, usanze che trovi. Si chiamano “thung chai” o “thuyen thung” rispettivamente «bottiglia» o «casa barca»; sono fatte da intrecci di bambú e vengono ricoperte di bitume e resine per stagnarle, talvolta l’impermeabilizzazione viene fatta con sterco di vacca. Nacquero per eludere le gravose tasse dell’impero coloniale francese alle imbarcazioni da pesca. Spacciate per grandi cesti, sono diventate un simbolo di indipendenza. È bello scoprire queste cose e vedere che la fioritura, o sarebbe meglio dire l’infestazione, dei resort sul mare non abbia ancora cancellato del tutto le tradizioni locali.

Al mare siamo andati in bici da Hoi An, il nostro quartier generale, tra una imprecazione e l’altra nei confronti degli autisti. La strada per tornare in città passava in mezzo ai campi di riso allagati, con signore con i cappelli a cono chine sull’acqua, i bufali che si rotolavano nel fango e le garzette che si elevavano in stormi. 
Abbiamo anche sentito la nostalgia dei nostri, tutti riuniti intorno al tavolo, il baccano dei bambini (italiani e spagnoli), gli sfottò di L. agli anziani, le macchie di vino sulla tovaglia, la risata chioccia di zia L., le cento prelibatezze tutte italiane preparate con amore da mamma, il camino acceso da P., la visita inaspettata di zio F., e G. che pensa al suo vestito da sposa. Per non menzionare le birre nel salone dopo cena con D,T e A!

Antonio per festeggiare il Natale ha cenato con un’aragosta alla spropositata cifra di 12 euro. Il nostro hotel è nel quartiere del «night market» dove si mescolano venditori di vestiti a quelli che arrostiscono polpi, rane, gamberi, pollo e aragoste fiancheggiati dai venditori di souvenir. Tutto avvolto in una nuvola al sapore di barbecue e crepes al suono «can I help you lady? try, try». Notare la rana impalata in secondo piano nella prima foto.

Hoi An è una città splendida, patrimonio UNESCO, sul delta del fiume Thu Bon. Fu una fiorente città dove convivevano gli interessi commerciali di giapponesi, cinesi e vietnamiti, fin quando non venne soppiantata dalla vicina Danang che i francesi preferirono alla città fluviale. Tutto questo l’ha miracolosamente preservata dalla distruzione dei bombardamenti di guerra prima e dalla ripresa economica poi. Gli isolati sono lunghi e stretti e le case a due spioventi sono passanti: hanno quasi tutte un doppio affaccio e un patio interno. Sono a due piani, in legno, e le facciate sono dipinte tutte di giallo, al primo piano ci sono dei bellissimi balconi con fiori e piante (in Vietnam non mancano mai, nemmeno sulle case zattere). Nella parte bassa quasi tutti i muri sono verdi di muschio a causa dell’umidità portata delle numerose inondazioni che colpiscono la città, l’ultima, bestiale, del 2017. In sporadiche occasioni è capitato che l’acqua arrivasse sino al primo piano. Si navigava in barca per le strade.

Per come l’abbiamo vista noi ha l’aspetto di un piccolo parco giochi per turisti, ogni casa è un negozio, cosa che ha naturalmente snaturato il paesello di pescatori e commercianti, ma lo ha anche salvato dall’incuria e dalla povertà. Siamo addirittura usciti con i sandali, attaccando le scarpe da trekking al chiodo per un giorno.

Il 24 sera in un attacco di italianitá/europeismo ho mangiato per la prima volta cibo nostrano: una schifosissima pizza, congelata, per la modica cifra di sei euro. Non me ne pento, lo rifarei, fosse anche solo per questa foto. 

Tornando verso l’hotel ci siamo fatti attrarre dal carisma di un artista che faceva piano-bar in un localetto sul fiume e abbiamo passato la sera della vigilia a bere birra e goderci lo spettacolo, fottendocene che non fosse made in Asia. A volte esageriamo co’ sta cosa del «local«. Il bar era proprio a ridosso dei canali, che di sera (tutte le sere), si riempiono di barchette che traccheggiano i turisti su e giù, tutto è illuminato dai faretti colorati e dalle candele che i turisti lasciano nel fiume (Greta non me volere, era bello assai).

Dopo una estenuante ricerca tra le centinaia di sarte che hanno negozi in città, ho ceduto alla vanità, e mi sono fatta fare due vestiti in misto seta per 55 euro che mi stanno una cacata, uno non mi entra nemmeno. Oramai è fatta, almeno potrò variare un poco la mia divisa di decathlon! D’altronde te li fanno in appena un giorno, se ci fossero state le tre sorelle Sebastiani e Mary cugina sarebbe stato diverso. 
Sì è quasi conclusa la tappa vietnamita, siamo in aereo per HCM e domani partiremo per le spiagge Thailandesi, con la speranza che Anto possa lavorare meno del previsto e godersi il mare, magari evitando di affogare come quasi accadde in viaggio di nozze! 

È il momento della pagella del primo monomestre e per noi il Vietnam è stata una tappa speciale. Il paese è in crescita economica tangibile, il divario sociale è ovunque, i paesaggi naturali sono strabilianti, le città caotiche, il cibo superbo e le persone hanno uno sguardo dignitoso e fiero, anche nella povertà, accompagnato da un gentile sorriso.

 

Días 31-33: Cần Thơ

Estamos en un homestay precioso en el delta del Mekong (A, un homestay es una especie de hotel en casa de una familia). Se trata de 5 cabañas de madera y hojas de palmera en una parcela larga y estrecha delimitada por dos canales con plantas acuáticas. Bosa, el dueño, nos ha dicho que hasta hace 30 años todos por allí vivían en casas como éstas. Somos de los pocos, a juzgar por la desolación del sitio, dispuestos a pagar algo más para estar más incomodos! Mientras nos entran y salen del boungalow lagartijas y ranas por debajo de las paredes encañadas, a menos de cien metros hay villas de dos plantas con pinta international. De todos modos el sitio tiene un encanto especial y la familia es muy atenta y se te olvidan las incomodidades como la ducha al aire libre.

Ahora que he dormido en un sitio relativamente rural, casi al aire libre, y padecido los ruídos nocturnos del campo vietnamita (casi cuanto padezco el camión de la basura de las 24.00 en Madrid), me pregunto como coño tiene que ser acampar en el monte con lobos, jabalíes y vete tu a ver qué cantidad de bichos menores.

Hemos dado un paseo en bici y averiguado que al lado de cada pequeño canal hay una fila interminable de casas, barracas y parecidos. Lo que hemos visto sería la peor pesadilla de Greta Thumberg, de Greenpeace y de Dickens, que empezaría otro bestseller.

Tanto los canales como el proprio Mekong son un vertedero al aire libre y las fotitos de los instagrammer y los textos de los blogueros que nos han atraído aquí no mencionaban la cruda realidad. Anécdotas: el dueño del homestay tiene dos tortugas acuáticas dentro de botellas de medio litro de agua, las pobres no pueden ni girarse. Los habitantes de las aldeas tiran bolsas de basura desde las ventanas. Los de los puestos de los mercados vierten todo tipo de plásticos y vidrios en las aguas del Mekong.

Lo hemos tomado como un paréntesis didáctico/sociológico.

Hemos ido con Bosa a ver el mercado flotante más grande del delta del Mekong, el Cai Rang. Los puestos del mercado son unas casas/barco de unos 15 metros y solo venden al por mayor. Sus clientes son los barquitos pequeños que luego distribuyen en los mercados. Las barcazas solo venden ortalizas y fruta. Para enseñar a los clientes su producto, cuelgan una pieza en lo alto de una caña de bambú en la proa. Cuando llegan con su cargamento al mercado echan el ancla y no se van hasta que lo hayan vendido todo, pueden tardar días o semanas. Una curiosidad: utilizan motores de coches viejos modificados para desplazar los barcos.

En las orillas hay otro mercado, más estándar digamos, muy bonito, muy auténtico. Habíamos tenido la genial idea de quitarnos los zapatos de trekking, que ya son como una segunda piel, y hacer la excursión en chanclas. El resultado ha sido tener sangre y porquerías incrustadas en las plantas de los pies. De hecho, alguna de las siguientes fotos pueden herir las sensibilidad de nuestros lectores más aprensivos.

Días 29-30: Ho Chi Minh

Siamo arrivati di sera, dopo un viaggio spaventoso. Il guidatore della «limousine» (un furgoncino con sedili di pelle) ha tardato 1 ora e mezza per fare un tragitto stimato in due ore. Avete presente lo schiacciamento delle vertebre quando andate in barca con uno che «sbatte sulle onde» con lo scafo? Beh così. Non aiuta il fatto che in autostrada ci siano i dossi per ridurre la velocità. L’autista con i suoi occhialetti con i vetri viola e lo stuzzicadenti in bocca e l’espressione malvagia sembrava un membro della mafia cinese. In Vietnam lo stile di guida è temerario in generale, lo sapete, ma questo faceva dei sorpassi da sinistra sul ciglio di ponti e viadotti da far venire i brividi!!!!

Fatto sta che Ho chi Minh (per I., che ancora si confonde, la vecchia Saigon, Vietnam del Sud, roccaforte di francesi prima e americani poi) ci ha accolti con 32 gradi. Persino i cani ne soffrono:

Abbiamo cenato con i nostri amici grandi spagnoli che oggi sarebbero tornati in Spagna. Forse ad Ho Chi Minh si mangia meglio che ad Hanoi, sembra ci sia più varietà. Abbiamo provato delle specie di polpette di carne rivestite di semi di loto ed anche delle specie di hamburger cotti ai ferri dentro un cespuglietto di citronella. Ovviamente carne e pesce in umido come se piovesse in aggiunta ai noodle con «cose».

Noodle mixed soup, Hué style

Curioso che gli unici con cui abbiamo stretto un poco di più siano over 60! In realtà anche il nostro caro Rob, il marine americano, ci scrive ma Anto sostiene che sia tutta un’opera di seduzione.

HCM ha quasi nove milioni di abitanti, sembra sterminata dall’alto. Le strade sono un macello. I contrasti di Hanoi si accentuano molto qui e il divario sociale è ancora più evidente. Grattacieli enormi (Bitexco Financial Tower, 68 piani, incluso nella lista dei 25 grattacieli più rilevanti al mondo) con venditori ambulanti che vivono ai loro piedi.

Abbiamo visto una intera famiglia vivere dei proventi di un «ristorante» dormire su sdraio e brande improvvisate sul marciapiedi nel Distretto 1, fuori dalla porta del nostro hotel. In generale ci sono motorini, ratti, topi e scarafaggi a profusione, più che altrove. Si deve essere capito che non mi sta piacendo molto. Domani infatti andremo via, anche se ci sarebbe qualche altra cosa da visitare.

Oggi siamo andati al mercato Bến Thành dove Antonio ha sfoderato le sue abilità nel mercanteggiare e finalmente si è comprato dei cazzo di pantaloncini nuovi. Quelli che ha, che ha detto ovviamente che non butterà, sono di tipo 4 taglie in più, gli cadono da tutte le parti, sono lisi e stinti. L’edificio è del 1870 anche se il mercato inteso come tale risale al XVII secolo. È un edificio interessante, mi ha ricordato un poco il mercato centrale di Phnom Penh.

Il pezzo forte della giornata è stato il museo della guerra. Davvero, davvero ben fatto. Nel cortile esterno ci sono aerei, carri armati, ogni genere di armamenti appartenenti agli americani, da brivido. La mostra all’interno è interessantissima, con tutto un inquadramento storico che prelude alle fotografie (agghiaccianti) dei reporter di tutto il mondo scattate nel corso del conflitto. Certe cose le leggi sui libri (su internet), vedi i film di Hollywood e pensi di essere preparato, ma non è così. Comunque, si respirava una sottile aria propagandistica ma nulla a che vedere con il museo+mausoleo di Ho Chi Minh ad Hanoi. 

Nel pomeriggio abbiamo finalmente trovato un bar dove poterci fermare a lavorare con i pc, fino ad ora lo abbiamo fatto dal letto degli hotel e sinceramente non è stato il massimo.

Domani andremo nella zona del delta del Mekong dove rimarremo un paio di giorni. Abbiamo deciso di passare il Natale a Hoi An, per deprimerci un poco meno. È una città molto bella sulla costa, sembra un presepino.

Días 25-28: Tam Coc-Tràng An

Estamos en Tam Coc, un pueblín muy pequeño en oootra zona protegida por el UNESCO desde el 2014, la de Tràng An, en la provincia de Ninh Binh. El parque tiene dos ecosistemas principales: el de las montañas cársicas de piedra caliza y el ecosistemas acuático. 

Info útil: he aprendido a comer con palillos, incluso las cositas pequeñas tipo hojas y semillas y migas (estarás orgullosa de mi, K.)!

La guesthouse está en un sitio ideal, a 5 metros del lago y 10 de las montañas, rodeado por riachuelos, campos de arroz y muy pocos vehículos!!! Los campos de arroz no son un gran espectáculo en esta época del año, ya han recolectado y están inundados. El lado positivo es que las tierras se llenan de aves en busca de alimentos y es un verdadero espectáculo.

Foto de mylittleadventure.com

Del laguito del pueblo salen excursiones en barco a las grutas de los alrededores. La primera curiosidad: la forma de remar de las mujeres (porque son casi todas mujeres), mirad el vídeo!

Paseo en bici
Con el sol es otra cosa

Hemos alquilado unas bicis y dado paseos por los alrededores, subido el equivalente de 32 plantas para gozar de las vistas en Hang Múa, cruzado campos llenos de patos que estaban de barro hasta las trancas y cogido un nenúfar para mi herbario. Me he abalanzado sobre un estanque pútrido para coger la flor y al cortarla me ha salpicado agua pútrida en la cara (Casi me da un síncope D. y T.)

El segundo día ha sido el mejor probablemente. Hemos ido a Tràng An, el principal complejo paisajístico de la zona y nos hemos tropezado con ésto y de verdad no nos explicamos el porqué no haya nadie que haga couchsurfing aquí:

Tam Coc’s couchsurfing

En Tràng An había 3 posibles rutas, y hemos optado por la que nos habían recomendado en la guesthouse, que era la menos cotizada de las tres. Esto porque tiene muy pocas opiniones en google, lo abrieron al público en 2018.

Se trata de unas tres horas en barquito por los ríos y canales pasando por cuevas cársicas que conectan las dos vertientes de las montañas. La cueva más larga ha sido la Dot cave, de 1 km de largo! Tenía un techo hecho de estalactitas tan bajo que hemos tenido que agachar la cabeza más de una vez. Salir de la penumbra de la cueva al aire abierto ha sido espectacular!

La única pena ha sido no poder conducir nosotros el barquito y que tuviésemos un día nublado.

Antonio aporta este video porque considera su visión imprescindible para poder seguir:

El día siguiente otra vueltecita en bici. Hemos visitado una cueva en dos niveles y en cada nivel un templito, estaban conectados por una escalera interior escavada en la roca, tenía un no sé que de místico. La cueva de abajo tenía una boca muy grande y el templo la ocupaba toda aunque luego apenas tenía tres metros de fondo, lo importante es aparentar. El templito de arriba era una joyita perfectamente encajada en la gruta. 

Ese día conocimos a Rob, un sujeto muy especial. La verdad es que fue él el amable de la situación: nos vió dudar al entrar en un restaurante y nos captó, literalmente. Un ex marine, que tiene casas en EEUU, las alquila y se dedica a viajar con ese dinero. Es fotografo también y nos sacó un par de fotos bastante guapas. Le hemos caído bien gracias a mi camiseta de Walter White ya que el tiene un pedazo tatuaje del mismísimo Heissenberg en el gemelo: 

El último día el sol se ha dignado de salir, había menos humedad en suspensión y los paisajes eran aún más bonitos si cabe. En una de las fotos de ve a una señora remando con los pies y detrás de ella un rebaño entero de cigueñas con alas desplegadas tomando el sol.

 

Días 21-24: tra villaggi antichi e pagode

Oggi scrivo da una camera con vista: siamo a Tam Coc, un micro villaggio ai piedi delle montagne e la mia finestra si affaccia su un giardinetto curatissimo pieno di piante che ha per sfondo un massiccio stupendo.

Finalmente, perché le ultime notti ad Hanoi sono state insonni, anche perché ci siamo svegliati presto per fare dei tour e io sono un animale notturno. Abbiamo visto dei posti bellissimi, anche se meno entusiasmanti c’è da dire. 

Nella stessa Hanoi abbiamo visitato il tempio della letteratura (o della cultura). È dedicato a Confucio ed ospitò l’accademia imperiale per i futuri mandarini. Fu la prima università vietnamita e risale al 1070 (ed era tostissima). Dal 1070 al 1779 solo una sessantina di monaci ottennero il più alto riconoscimento. Gli esami si svolgevano ogni sette anni al principio, poi ogni tre. Altro che appelli bimestrali e i 110 e lode!

I monaci se ne andavano in giro con la loro «cartella» di legno piena di mini libri in cinese, venivano pagati dall’imperatore per studiare e vivevano nell’area del tempio che arrivò ad ospitare mille studenti nel periodo più florido della monarchia.

Il tempio di per sé è bello, anche se è stato rimaneggiato perché durante la seconda guerra mondiale i francesi pensarono bene di demolirne delle parti per adibirne delle aree a ospedali da campo o simili.

Ci sono tre percorsi paralleli intervallati da corti adibite a giardini con vasche d’acqua che conducono al core del tempio. Tutti i templi dedicati a Confucio hanno una struttura simile. I tre percorsi corrispondono a questa gerarchia: il percorso entrale era riservato al re mentre quelli laterali erano per i mandarini amministrativi e per quelli militari; i patii invece hanno una simbologia religiosa legata alla virtù e alla conoscenza. 

Una cosa bellissima: le tartarughe litiche sormontate da stele. La tartaruga simboleggia saggezza ed eternità e sulla stele venivano omaggiati i vincitori del concorso per diventare mandarino. Su ogni stele è incisa una dichiarazione che descrive l’importanza dell’educazione e del talento per la nazione e riflette la filosofia confuciana del Vietnam. Il pubblico ossequio dei saggi che avevano ottenuto il titolo aveva lo scopo di motivare gli altri studenti a servire la società in modo simile.

Durante la guerra con gli Stati Uniti le stele tartarugose vennero praticamente tumulate sotto terra e sabbia per proteggere la memoria colta del paese dai bombardamenti. A me sembra che stì vietnamiti siano veramente cazzuti. Hanno cacciato i cinesi, i giapponesi, i francesi e poi gli americani. Le palle cubiche.

Qui in Vietnam i turisti non possono affittare una macchina, solo motorini. Io mi tumulerei in hotel piuttosto che mettermi in quel traffico con un motorino. L’unica opzione che ci è rimasta è stata farci accompagnare da un autista. Ragazzi, entrare ed uscire da Hanoi è una specie di prova per i nervi: motorini che sfrecciano a destra e sinistra con 2-3-4-fino a 5 persone a bordo (oppure caricati con enormi pacchi agganciati Dio solo sa come), che strombazzano con il calkson continuamente. Alcuni hanno installato un dispositivo di clackson perenne, non hanno bisogno di suonarlo. Io impazzirei. In questa foto si vede un dispositivo sicuro per portare i minori a bordo:

Motocicletta vietnamita DOC

Beh, con il nostro autista che habla un «little english»(= no english) siamo andati a vedere la Thay pagoda a Sài Sơn vicino Hanoi il cui nucleo è del secolo X ma la maggior parte degli edifici è del XVII. Una luuunga scalinata separa il lago dagli edifici sacri dedicati a Buddha in cima alla vetta.

Thủy Đình-Sai Son

Il complesso di templi ha anche degli altari nelle grotte carsiche, altari cafonissimi tanto per cambiare. Ci siamo prima impietositi e poi fatti fregare da un tipo che si improvvisava guida turistica, che per lo meno ci ha portati in una grotta dove forse non saremmo arrivati da soli.

Il pezzo forte della giornata è stato il villaggio Duong Lam. È caratterizzato da case e templi lignei, prevalentemente del XIX secolo, con dei capolavori di legno intagliato. Purtroppo quando il governo ha compreso il valore storico artistico che avesse il villaggio l’estetica generale era già stata compromessa da demolizioni e nuove costruzioni. L’UNESCO ha aiutato al recupero delle case e dei templi che erano rimasti.

In questi posti meno turistici ci rendiamo conto di quanto poco debba costare la vita qui. Se ad Hanoi puoi pranzare con 3 euro a testa, birra compresa, nei paesini si arriva a spendere anche 1,5 euro a cranio. Tenete conto che una birra da 33 cl può costare 0.50 cent e un piatto di tagliatelle di riso in brodo con carne e verdure 1 solo euro!

Beh a parte le case e i templi in legno (con serpentoni colorati pupazzo attorcigliati alle capriate), la cosa più sorprendente senza dubbio è stato vedere come vengano utilizzate tutte le superfici esistenti in città per seccare alimenti. Questa è la stagione del ravanello bianco (daikon). I sagrati dei templi, il mattonato dei parchi e, perché no, l’asfalto delle strade erano pieni di ravanelli tagliati a fette e lasciati seccare al sole. Non immaginatevi il paesello di Heidi, c’erano motori, macchine e animali. Ho pensato che magari venissero utilizzati come mangime, ma poi li ho visti in vendita!

Duong Lam

Il pezzo forte di questi ultimi giorni è stato senza dubbio il percorso fluviale per andare a visitare la perfume pagoda. Purtoppo niente canoa, ci ha portati una barchetta a remi, 3 km di magia. Magia a 5 cm dall’acqua, la barchetta non sarebbe potuta andare più carica! Il fiume rosso è incastonato tra due catene montuose che hanno le stesse forme di quelle della baia di Ha Long e nelle insenature e canali laterali i locali coltivano ninfee rosa e fuxia.

Perfume pagoda

I templi sono circa 18 e sono dislocati nella giungla, alcuni sono molto difficili da raggiungere. Quelli originali erano del 1400 ma furono rifatti integralmente negli anni ’90. La perfume pagoda invece è dentro una grotta carsica di dimensioni abominevoli piena zeppa di stalattiti e stalagmiti maestose. Si chiama in questo modo perché è meta di migliaia di coppie che chiedono al Buddha bambino di aiutarli a concepire e accendono bastoncini di incenso come se piovesse. Tre alla volta. La pagoda si raggiunge con una teleferica o con una lunga scalinata che è costeggiata da centinaia di bancarelle.

Proprio per la massiccia affluenza di turisti e fedeli tutta l’area sembra una fiera, o un mercato. Abbiamo avuto una fortuna sfacciata, ci saranno state al massimo una quarantina di persone. Tutte le bancarelle erano chiuse con dei teli e alcune persone stavano lavorando solerti al disboscamento della selva per fare spazio ad altre bancarelle sospese sull’abisso. hanno dei sistemi costruttivi che fanno pensare che le nostre lauree siano totalmente inutili.

Días 18-20: más Hanoi

Contratiempos puede haber, y ha habido. No podremos ir a Ha Giang, en las montañas (con las motos). Nos quedaremos en Hanoi hasta el 11. La ciudad nos flipa en realidad, así que poco mal y en todo caso mi marido, que de apellido se llama «prudencia», lo agradece.

Estamos descubriendo rincones nuevos y sus peculiaridades. Por ejemplo, el mismo medicamento puede costar 15.000 o 65.000 dongs dependiendo del lado de la calle donde estés. En el lado de los 15.000 nos hemos encontrado en un sitio surreal. Hemos tenido que esquivar centenares de motos para llegar a ver un mercado callejero, uno de los más humildes que haya visto. Era distinto a los de Camboya, había muchos animales vivos: gallinas, crustaceos, moluscos, peces y unas verduras espectaculares pero estaban directamente expuestos en el suelo. La alimentación es tan variada como los productos que se encuentran en los puestos de venta.

La quieres viva o troceada?

Hemos estado también en otro mercado con puestos de comida donde hemos visto que la gente se come los gusanos, y que los pomelos son «mu» grandes.

Por el mismo barrio de los pomelos hay un par de lagos preciosos, muy distintos entre si. El primero es muy vivo y muy residencial. El sábado por la mañana (y puede que otro día también pero nosotros lo vimos el sábado) la gente que vive en los alrededores está allí sentada en la acera, bajo los árboles. No hay ruidos ni coches y el tiempo pasa jugando al Xiangqi (ajedrez chino), a las catas, fumando pipas y charlando. Los edificios son, para variar, tremendamente fascinantes. Las casas coloniales y los clusters vietnamitas se enfrentan en esa proximidad estridente que tanto amo. Dentro de las manzanas las «calles» son tan estrechas que no penetra casi luz. Luego se abren plazas con juegos para los niños y vuelves a la luz y al color.

El segundo lago-parque es el Thong Nhat, uno de los más grandes en ciudad. Tiene una estetica agé espectacular, magnificada por el hecho que había diez personas en total en todo el lago. Los patines acuáticos en forma de cisnes con enormes pestañas dibujadas, todos arrinconados en una esquina sin nadie que los vigilara, ni nadie que los quisiera alquilar. Un trenecito oxidado, las verjas con motivos vegetales, una palomera y un edificio art nouveau… vamos, de película.

También hemos vivido otro finde en Hanoi y visto la ciudad transformarse por la noche. Mucha, mucha, gente y también mucha, mucha, música hortera. Aquello parecía una feria de pueblo (o la festa di santa Nicola). En el medio de la baraunda hemos estado sentados en los taburetitos cenando, mientras se llevaba a cabo en la acera de al lado una escrupulosa limpieza de las vajillas. He entendido también otra cosa: si sales el sabado noche y no llevas falda no eres nadie. Si eres tío se te perdona.

Y ahora unas poquitas fotos, las mas bonitas de estos días para mi.

Bajo petición de la más fiel lectora, después de mi madre, voy a contar un par de cosas que tienen que ver con el idioma vietnamita y su historia. Es curioso, lo prometo. Es el único idioma de los paises asiáticos que utiliza un alfabeto basado en el alfabeto latino, con varias letras con acentos, inventado por un lexicógrafo francés. Es tremendamente práctico para nosotros poder pedir comida sin entender lo que estamos pidiendo. En algunos casos, por ejemplo en los templos, nos hemos encontrado con textos escritos con caracteres chinos. 

He descubierto que las raíces dei idioma estan en Vietnam del norte. Con la conquista de las tierras que hoy corresponden a Vietnam centro y sur, la lengua se hibridó con los idiomas indios y malayo-polinesios, autóctonos de estas zonas. Cuando China conquistó Vietnam impuso el uso de su idioma y su sistema de escritura en ámbito administrativo y en las clases dirigentes. El vietnamita vernacular se mantuvo, aunque se empezó a escribir con caracteres chinos (los que hemos visto en los templos!). 

La introdución del alfabeto romanizado se debe a los misioneros portugueses del XVII con sus acciones para convertir fieles malos en fieles buenos (cristianos) e instaurar rutas comerciales. Fue a mediados del siglo XIX cuando el alfabeto se difundió por mano de los franceses. Cảm ơn por haber leído la chapa!

Días 15-17: Hạ Long Bay

Abbiamo avuto fortuna. Il battello che avevamo prenotato era pieno e ci hanno fatto un upgrade ad una imbarcazione di una categoria superiore. Questi battelli sono bellissimi, soprattutto dall’esterno. Hanno una forma particolare e sono completamente in legno. Nell’arcipelago ce ne sono a decine e, devo essere onesta, scoccia un po’ la presenza di tante altre barche, però il fatto che siano belle smorza l’effetto «scale di piazza di Spagna». Hạ Long Bay

Il governo permette un numero specifico di rotte (almeno questo ci hanno detto in tanti) , per cui è inevitabile l’assembramento. Noi abbiamo scelto di passare due notti e tre giorni in crociera in battello, fortunatamente la maggior parte dei turisti compra «1 day tour». Solo dopo aver concluso il nostro abbiamo scoperto delle compagnie che propongono un itinerario un poco diverso nella zona nord-est dell’arcipelago, troppo tardi per noi. Comunque è stato bellissimo.

Le isole solo circa 1969 spalmate su una superficie di 1500 km², sono patrimonio dell’UNESCO dal 94 per il loro valore estetico e dal 2000 per motivazioni il valore geologico e geomorfologico. L’arcipelago si è evoluto nel corso di 500 milioni di anni di cui gli ultimi 20 ha vissuto una evoluzione a livello carsico peculiarissima.  Sembrano le isole di Peter Pan, scavate da dentro come le grotte di Castellana.

Sung Sot cave, 10.000 m²

Ci sono due tipi di isole a seconda dello stadio di evoluzione carsica: le fengcong che sono quelle a cono e le fenglin, quelle «parallelepipede», evoluzione delle anteriori.

Il primo giorno ci hanno portati sull’isola più gettonata di tutte: Tip Top (in realtà Titov) dal nome del cosmonauta russo, il secondo uomo nello spazio dopo Gagarin. La chiamarono così per suggellare l’amicizia sovietico-vietnamita. Ci hanno portato vagonate di sabbia e ci sono cinesi a go go (l’80% dei turisti della baia). I cinesi sono pazzeschi, viaggiano in orde, corrono sempre e fanno foto «a manetta». Per loro siamo una specie di attrazione turistica. Non credo sia così per tutti i cinesi, ma per quelli che abbiamo incontrato si! Antonio è un fenomeno da circo per loro perché ha la barba, e per giunta bicolore, io invece perché sono alta. Ci acchiappavano dove e dove fossimo e ci chiedevano di fare foto con loro, a decine. Talvolta li scoprivamo a fotografarci di nascosto. Sulla spiaggia ne abbiamo avuto un assaggio ma in una grotta carsica c’è stato l’apogeo, abbiamo posato con almeno 20 persone. Ci siamo divertiti, facevano una confusione assurda e appena si spostava quello con cui avevamo appena posato subito veniva ad abbracciarci un altro.

Il belvedere dell’isola Titov era una bomba pazzesca, 430 gradini per raggiungerlo ma si godeva di un panorama stupendo.

Nel pomeriggio abbiamo finalmente assaporato un pochino di libertà e abbiamo fatto un giro con un kayak. Non è permesso fare il bagno!!!! Ci sono tantissime aperture che si sono formate alla base delle isole a causa dell’ erosione marina e del carsismo. Sono come dei tunnel che permettono di passare da un lato all’altro delle montagne. Già questa escursione ci ha fatto sentire meglio rispetto alle folle.

 

Abbiamo fatto amicizia con una coppia di spagnoli sessantenni tutta vita, simpaticissimi. Esther e Juan Ma, da San Sebastián, una coppia affiatatissima e di gran compagnia. Antonio ovviamente amatissimo, tutti sanno come sa farsi amico dei «grandi», gli amici ricorderanno cosa fece a Ventrosa. 

Il secondo giorno è stato «il giorno». Ci hanno fatti andare su una barca più piccola insieme ai nostri due amici e siamo salpati. Noi 4 + 4 persone dell’equipaggio tra le isole e nessun’altra imbarcazione alla vista. Un sogno. La mattina si moriva di freddo!

Innanzitutto siamo approdati a CuaVan, un villaggio galleggiante. Molti degli abitanti del villaggio sono stati re-ubicati in terraferma, soprattutto per garantire l’istruzione per i bambini. Nell’arcipelago tutto arrivarono ad esserci 1000 abitanti distribuiti in 4 villaggi. In questo nello specifico almeno 100 case-zattera, ad oggi ne rimangono una trentina. È ancora semi-popolato e la gente continua a vivere di pesca. È posizionato in una insenatura stupenda a forma di croce, il paesaggio è incredibile, i colori sono incredibili, come anche la luce.

 

C’è un piccolo museo con fotografie che ritraggono la vita nel villaggio e la nuova vita nelle nuove case sulla terraferma. Non è mai un cattivo momento per fare propaganda.

Oltre alle case-zattera legate tra loro ci sono vari tipi di imbarcazioni e tanti animali da compagnia e guardia, tanto cani come gatti. C’era una specie di trabucco meraviglioso e la parte bassa delle isole nella zona centrale veniva usata come se fosse una parete attrezzata: cime, ancore, assi di legno… C’erano anche dei pescherecci con decine di luci sula coperta, serviranno forse per attrarre le prede? 

Dopo di che siamo andati a vedere un allevamento di ostriche. Ne coltivano di tre tipi, quelle che producono le perle nere thai possono metterci anche otto anni per produrre la perla finita. È stato interessantissimo vedere il processo tramite il quale fanno si che le ostriche producano le perle. Si chiama «nucleazione» e viene fatto per tutti gli esemplari, non so più quanti milioni fossero. Vengono socchiuse le valve e viene inserita una sfera di madreperla (nácar) nella gonade dell’animale insieme a una porzione di mantello di un’ostrica «donatore». L’ostrica in reazione al corpo estraneo inizia ad avvolgerlo con progressivi strati di madreperla. È un meccanismo difensivo.

L’ultima attivitá della giornata è stata visitare la Maze cave (quella dove abbiamo incrociato i cinesi). Questa grotta è stata abitata per lungo tempo, prima ancora che i suoi abitanti imparassero a pescare.
Nella parte alta dell’isolotto c’è un lago salato, la connessione con il mare aperto avviene al di sotto del livello 0. Strepitoso.

La sera, nella nostra cabina, che era una bomba sinceramente, iniziamo a sentire vociare all’esterno:
«Hello, hello, beer, beer»
Sono i pescatori che giustamente si reinventano e cercano di vendere alcolici ai turisti delle imbarcazioni grandi. I prezzi sono alti ma mai quanto sulla barca. Abbiamo letto però che se l’equipaggio se ne accorge ti fa pagare una specie di piccola penale. Comunque vengono all’imbrunire e colpiscono i vetri della cabina con un bastone lungo lungo.

Día 12-14: Hanoi

Te parece estar en una película americana con un plus de ingrediente «asia»: los bicitaxis (una especie de Rickshaw), los vendedores ambulantes con las bicicletas cargadas de mercancías, las casas coloniales (estrechas y altas) y los rostros de la gente… nos ha dado buen rollo… estamos oficialmente de buen rollo. Y por si fuera poco, a veces hay aceras!!

Añadido a lo que nos esperábamos, hay decenas de curiosidades, rarezas y comida muy, muy buena. Entiendo las recomendaciones de Pepa!

Las calles del old quarter

En las calles hay un hermoso bullicio de gente, muchos bares y puestos de comida, uno tras otro. La peculiaridad es que los locales se sientan en mini-taburetes y comen encima de ellos. Los sitios mas pijos suelen tener sillas. La diferencia sustancial entre pijo y no-pijo, está en las características de la cocina. A veces es un únicum con la zona del comedor, hiper mega sucia y ennegrecida, con las señoras que friegan los platos en dos cubos de agua directamente en la acera.

Hemos comido «Nom bo kho» (ensalada de carne de res desecado) en uno de estos sitios guarros con un tour gastronómico (es el sitio de los taburetitos). En el mismo tour hemos ido a lo que en barese se llamaría «alla casa della signora«, un cutresitio dónde hacían los «banh cuon» (rollitos al vapor). Ancho unos tres metros por seis de fondo. En la planta de arriba sirven a los clientes, pero por la noche se transforma en su casa. Un dormitorio para 12 personas. Al menos los abuelos tienen un espacio reservado detrás de un tabique y una televisión para pasar el rato. Es la foto en que toco el techo con la cabeza (!). Sí, eso es la casa de los 12. Nos han explicado que el negocio les va muy bien (son ya tres generaciones) y están convencidos de que si se mudaran a otra parte la suerte no les seguiría, luego nos tachan de supersticiosos a los italianos!

Sus casas son estrechas y altas, un mix tradicio-colonial muy hermoso, es otra característica de la ciudad. También hay edificios modernos de hormigón y cristal que sobresalen detrás de las casitas.

La zona del centro se divide entre el french quarter y el old quarter, el elemento «visagra» de esta zona es el lago Hoan Kiem, con su bonito puente rojo que lleva a un islote en el medio de las aguas, con pagoda incluida. Durante el fin de semana cierran al tráfico todo el perímetro del lago y parece estar en una feria de pueblo: exposiciones, música en directo, puestos de comida Bio y una calle entera dedicada a coches teledirigidos para los niños. Los estudiantes tienen la tarea «extra» de ir a practicar inglés con los extranjeros. Las chicas se visten con sus mejores galas, compran ramos de flores y van a sacarse fotos en la orilla, y las familias salen juntas a pasear. «Non tutto è oro quello che luccica» porque en una ciudad con un tráfico tremendo como esta, el cierre de esas calles hace que pasear en los barrios colindantes al lago sea realmente terrorífico. Yo al menos estoy perennemente cagada y pegada a Antonio que les hace el gesto «all the single ladies» a la Beyoncé con la mano y espera que así no nos atropellen.

Como demostración de lo que puede llegar a ser el tráfico de motos, se han inventado un verdadero trabajo alrededor suyo: el aparcamotos. Le dejan el vehículo y el tipo lo aparca en baterías de dos o tres filas. Escribe con una tiza en el asiento códigos alfanuméricos para saber cuanto le deben.

Detallito: Llevamos días de cielo grisáceo, pensaba fuera niebla, pero no. En Hanoi tenemos ahora 173 de AQI; en Madrid, para que podamos comparar, hay alrededor de 65, en Roma unos 50.

Más cosas: hemos estado en el mausoleo de Ho Chi Minh, no lo sabíamos pero era el 50 aniversario de su muerte. Ordas de gente habían ido a rendir homenaje al tío Ho (le llaman así de verdad). Una cola brutal para acceder al mausoleo, unos 400 metros o más, había que dejar en depósito las cámaras de foto, mecheros, cerillas… En fila de dos, con los militares que mantenían el orden para que NADIE lo descompusiese. Imponían un poco. El mausoleo está en el medio de un parque con museo añadido. El mausoleo es etapa obligatoria y tiene que ser la primera. En una habitación en penúmbra, vigilado por cuatro militares, yacen los restos mortales momificados del tío Ho; coronados por dos enormes placas de granito con la hoz y el martillo en una, y la estrella de la bandera del Vietnam en la otra. Parece que se utilizaron las más avanzadas técnicas rusas en su momificación. Chicos, me han dado escalofríos. 

El museo es tremendo, y no solo por la propaganda, es feo de cojones. Hay enormes olas y nubes de yeso en todas partes y horteradas de todo tipo.

Últimas, lo prometo: también aquí hay puestos de comida y peluquería callejeros, en las aceras cada 6-10 m hay mini placas que dicen CÁP ĐIỆN LỰC (indica la posición de los cables eléctricos) y las bodas se celebran en carpas horteras que invaden las calles, hay una vía de  tren  que pasa entre las casas (mamma guarda questo video!)  Y el museo de la mujer mola mucho!

Mañana nos vamos a Hạ Long Bay! Una maravilla de la naturaleza que pondrá a prueba la resistencia de Antonio al barco… esto puede salir muy bien o muuuuuy mal……………